Martina, in ASAI come in un mare in piena

Sono Martina, ho 26 anni, una laurea in Lettere e in tasca il sogno di diventare insegnante. Vengo da un minuscolo paese del Canavese, Fiorano, dove per molto tempo ho svolto attività di animazione in oratorio e nei campi estivi. Avvicinandosi la fine degli studi, mentre si faceva sempre più concreta l’eventualità del lavoro in classe, ho cominciato a scorrere quasi per gioco i progetti del Servizio Civile e mi sono imbattuta nel bando di ASAI: un’opportunità che mi è sembrata perfetta per immergermi nella multiculturalità di Torino e conoscere da vicino le necessità di chi frequenta la scuola, dopo tanti anni con il naso sprofondato nei libri di filologia.
 
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Non nascondo lo stupore che mi ha colto quando ad agosto ho scoperto di essere stata selezionata, né il timore per un’avventura nuova e che al colloquio ci era stata presentata come – diciamo  non molto rilassante: più del timore, però, erano forti la curiosità e il desiderio di mettermi alla prova in un ambiente di cui non sapevo nulla e che, a distanza di poco tempo, sento essere diventato casa anche per me. Se dovessi definire con un’espressione fulminea questi primi mesi di Servizio Civile, direi che si tratta di una formidabile scuola di relazioni. Prima di tutto, relazioni con Riccardo, il nostro OLP, e con gli operatori della sede di via Genè, che senza troppi discorsi mi hanno gettato nel mare in piena del doposcuola, sempre attenti, però, a fornirmi tutti gli strumenti necessari per interpretare le situazioni che mi si presentano, rispondendo alle mie domande e permettendomi di entrare nel loro lavoro “dietro le quinte”, che va ben oltre le ore effettive con i ragazzi: le energie che spendono per fare da ponte tra la scuola, le famiglie e gli altri servizi di supporto è davvero sorprendente. La fiducia con la quale da subito mi sono sentita accolta è diventata per me uno stimolo a dare il meglio, mettendomi in gioco anche in campi che mai avrei pensato di esplorare: in poco più di tre mesi mi sono cimentata con i roller, il disegno, gli scacchi e lo djembè!

Altrettanto ricche sono le relazioni con gli altri volontari, una compagnia allegra e variegata di lavoratori, studenti e pensionati, che quando si riunisce in cucina a prendere il caffè, prima dell’arrivo dei ragazzi, ricorda tanto le riunioni di famiglia: una delle immagini più belle delle prime settimane viene da un venerdì pomeriggio in cui ci siamo trovati chissà come ad ascoltare i racconti di Giorgio, 86 anni, sulla Torino del dopoguerra, mentre poco prima gli avevamo suggerito qualche strategia per migliorare la relazione con il suo ragazzo nel tempo dei compiti. Passando in via Genè tutta la settimana ho la fortuna di vedersi avvicendare davvero tante persone disposte a investire un pomeriggio o il sabato mattina in un’attività che richiede impegno e continuità.
 
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Ci sono poi le relazioni più rapide con le tante persone che quotidianamente passano per il corridoio, da chi frequenta le lezioni di italiano alle mamme del corso di cucina, dai ragazzi di Zhi Song ai genitori, nonni e fratelli in attesa della fine del doposcuola. E, soprattutto, ci sono i ragazzi. Decine di volti e di nomi inusuali che nelle prime settimane si confondevano nella mia testa, ma che piano piano rivelano ciascuno una storia, delle necessità e soprattutto un potenziale incredibile di capacità e desideri. Conquistare la loro fiducia e far crescere la complicità, cercando di indovinare il miglior equilibrio tra l’intervenire e il lasciare spazio, è un percorso appassionante e divertente.

Oltre ai pomeriggi di doposcuola, che occupano la maggior parte del mio tempo in servizio, mi è stata data l’opportunità di misurarmi con una vera e propria classe partecipando al progetto Giovani Investimenti, attraverso cui per due ore a settimana conduciamo attività in una terza media di Porta Palazzo: così per la prima volta, con una veste insolita, sono entrata in contatto non solo con i ragazzi, ma anche con gli insegnanti della classe.

Certo, come qualsiasi altra scuola, anche il Servizio Civile in ASAI è impegnativo sia a livello di tempo che di emozioni; spesso arrivo a sera stanca e non manca qualche momento in cui mi sembra di non essere all’altezza delle situazioni nelle quali mi trovo coinvolta. Eppure la fatica è niente rispetto a ciò cui assisto quotidianamente, che mi riempie di gratitudine per la bella opportunità che mi è stata concessa quest’anno.
 
Martina Francisco
2017/2018

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