Da via Baltea alla rete per restare in connessione

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Antonio Fiandaca, operatore di GIOVANI INVESTIMENTI, racconta le prime settimane di riorganizzazione in seguito all'emergenza CoVid-19 e le strategie messe in atto per connettere ragazzi, volontari e operatori
 
In un lavoro fatto di relazioni come il nostro, non essere fisicamente con le persone è un ostacolo. Nel doposcuola ASAI di via Baltea 3, all’interno del progetto Giovani Investimenti sostenuto da Fondazione CRT, stiamo cercando di trasformare quest’ostacolo in una risorsa. Per noi operatori e volontari, al fine di sperimentare modalità alternative di contatto con gli adolescenti – paradossalmente molto più vicine alla loro quotidianità di quanto ci possano sembrare – e per i ragazzi e le ragazze, perché imparino un uso alternativo dei mezzi di comunicazione nei quali sono immersi.
 
Personalmente, non ho mai avuto WhatsApp, perché credevo di poter proporre metodologie alternative di comunicazione con i ragazzi. In questo periodo di assoluta e giustificata distanza da loro, però, mi sono sentito quasi in dovere di istallarlo. Non è quindi un caso che il mio arrivo sia stato accolto da messaggi del tipo “Serviva proprio la fine del mondo per fartelo mettere”. In men che non si dica, al di là della sfilza dei saluti e degli evviva, si viene inseriti in una serie di gruppi che già esistono e si scopre come i ragazzi si parlino, si frequentino e si relazionino al di fuori del mondo della scuola e del doposcuola. Quel mondo che ora cerca di entrare, a fatica, rincorrendoli. Bisogna però stare al loro passo e allora, oltre al gruppo, bisogna anche sfidarli, lanciando loro idee e strumenti nuovi per i quali bisogna costantemente ricercare, aggiornarsi e formarsi.
 
Vogliamo vederci ma non possiamo incontrarci? Se in una chiamata WhatsApp ‘non riusciamo a starci tutti’, proviamo Skype? Dico a tutti di testarlo, prima di fare una chiamata ufficiale in mia presenza, per promuovere quel senso di autonomia che è sempre parte delle nostre attività. È quindi bello vedere come, di sera, i ragazzi e le ragazze ci provino davvero: installino nuove applicazioni, si diano istruzioni su come connettersi contemporaneamente e aggiornino tutti in tempo reale sul gruppo, ridendo degli errori banali commessi e incoraggiandosi reciprocamente. Alla fine ci riescono, e si danno appuntamento per farlo con una cadenza settimanale quasi per ricostruire, a distanza, lo spazio del doposcuola. Allo stesso tempo – e quasi in modo inconsapevole – imparano a fatica a gestire una videoconferenza, ascoltandosi e rispettando i tempi di parola di ciascuno per non sovrapporsi. In fondo non è quello che si cerca di fare anche nelle nostre attività in cerchio?
 
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E per i compiti, come facciamo? Cerchiamo di mettere un po’ a sistema quello che si fa abitualmente: spesso, durante l’anno, i ragazzi si mettono direttamente in contatto con i volontari, attraverso vari canali per sottoporre loro un esercizio particolarmente complesso o per far dare un’occhiata a un compito a cui tengono particolarmente. Visto che non vedendosi la mole di questi messaggi aumenta e un gruppo WhatsApp potrebbe diventare controproducente, proviamo a sperimentare una piattaforma, Google Classroom, che molti di loro già utilizzano a scuola, creando una classe virtuale del doposcuola. L’idea è quella di ricostruire digitalmente la rete fra le persone, permettendo non solo ai ragazzi di condividere le loro problematicità scolastiche, ma anche di affrontare tematiche di tipo educativo.
 
Il risultato sperato è che i ragazzi, aprendo l’app e trovando la classe ‘Doposcuola via Baltea’ tra quella delle altre discipline curricolari, abbiano la percezione che quel legame fra scuola ed extrascuola che abbiamo sempre cercato di ottenere dal vivo non si sia mai spezzato, ma ne esca in qualche modo rafforzato. Allo stesso tempo, postando sulla piattaforma le cose non chiare, li incoraggiamo ad aiutarsi reciprocamente, sotto lo sguardo nostro e dei volontari che hanno deciso di aiutarci in questo percorso, sperimentandosi in progress con noi.
 
Funzionerà? La tecnologia ha sicuramente dei tempi diversi da quelli a cui siamo abituati, ma è comunque presto per capirlo. Da operatori e volontari del doposcuola faremo di tutto per cercare di alimentare e rafforzare questi legami indiretti. Perché anche quando non si può fisicamente restare in contatto, un contatto possa comunque rimanere e non ci si senta soli, ma parte di una comunità sospesa fra reale e virtuale.
 
A cura di Antonio Fiandaca, operatore del progetto GIOVANI INVESTIMENTI 
 
 
 

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