Centri aggregativi e distanziamento fisico: insieme alla giusta distanza

distanziamento e comunita
 

Durante l'emergenza sanitaria, il tradizionale lavoro educativo con i ragazzi delle scuole medie è stato messo in discussione da nuovi bisogni. Come possiamo continuare a far parte di un centro aggregativo in un momento in cui è necessario il distanziamento fisico?

Le riflessioni di Fabrizio Maniscalco, Maria Pambianco e Marta Piolatto, operatori presso la sede ASAI di Porta Palazzo.

 
Il doposcuola medie di Porta Palazzo è composto da 60 adulti di diversa età e 113 ragazzi, tra i quali sono compresi anche 8 ragazzi di prima superiore. La grande disponibilità dei volontari e degli operatori ha fin da subito permesso di non lasciare nessun ragazzo scoperto nell’affrontare questo periodo di emergenza.
 
Tuttavia ci siamo subito resi conto che la macchina organizzativa, una volta partita, avevo bisogno di frequenti rifornimenti di carburante. Capita spesso di sentire che il motore borbotta e si accende la spia dell’olio che ci segnala il bisogno di lubrificante tra gli ingranaggi.
 
A fine febbraio ci siamo detti “aspettiamo e prepariamoci alla ripresa delle attività”. Pochi giorni dopo, abbiamo pensato a modalità creative di coinvolgimento dei ragazzi ma sempre in vista di una ripresa nel medio periodo. A fine marzo, ci siamo resi conto che non si poteva più ragionare nell’ottica del “finché”.

In altre parole, siamo rapidamente passati da un’ottica di attesa ad una di contenimento e argine, aspettando il ritorno all’abituale e conosciuta prossimità, per poi trovarci a fronteggiare una nuova normalità. Per questo ci stiamo chiedendo, estendendo lo sguardo a tutte le componenti del nostro doposcuola, come continuare a essere centro aggregativo in un momento in cui è necessario il distanziamento fisico.

La domanda diventa ancora più impellente se si pensa che, a breve, l’anno scolastico terminerà, mentre tutti i pensieri possibili legati all’estate e alla ripresa a settembre, sono al momento incerti e basati su una logica residuale. Siamo cioè portati a considerare prevalentemente ciò che resta delle modalità relazionali alle quali eravamo abituati. E con fatica riusciamo a guardare all’attualità con sguardo nuovo.
 
Gli studenti sono a casa fin dalle vacanze di carnevale di fine febbraio. In questo periodo, qualcuno si sta isolando sempre di più, altri hanno dimostrato di avere risorse sorprendenti. Questa situazione inedita ha lasciato spazio alla creatività dei ragazzi e degli adulti. Alcuni si sono scambiati lettere, altri hanno cucinato nello stesso momento rimanendo in videochiamata e scambiandosi consigli culinari, altri ancora hanno partecipato insieme alle challenge di volta in volta lanciate da noi nei diversi gruppi Whatsapp. Chi, prima del lockdown, era più introverso, dietro uno schermo ha avuto la possibilità di mostrarsi in un ambiente confortevole e protetto.
 
Un piccolo gruppo di ragazzi, invece, all'inizio ha rifiutato di mettersi in contatto con noi. Tra questi, qualcuno si è confrontato subito con il fatto che la vera motivazione per venire in ASAI fosse la possibilità di incontrarsi in un luogo accogliente. Qualcun altro ha da subito avvertito la difficoltà di mescolare le dinamiche esterne a quelle familiari.
 
Il “luogo” di incontro è cambiato e lo si decide insieme, sempre che ci sia la volontà di esserci, oggi come prima del Covid-19. 
 
A proposito di volontà, abbiamo notato, in generale, una certa oscillazione della motivazione e della disponibilità dei ragazzi, che si traduce, in alcuni casi, in una reperibilità "a intermittenza". Trascorse le prime settimane di novità, di iper-reperibilità sia in loro sia in noi adulti, si è sentita la fatica di non sapere quanto e come sarebbe continuata la fase di lockdown. La nostra percezione è che ciascuno abbia adattato e ricalibrato la propria “risposta” al mondo esterno, che per continuare a esistere fin dall’inizio ha chiesto di entrare in casa e diventare interno. E ognuno lo ha fatto con tempi e modi diversi.

Diventa allora importante riportare alcune considerazioni che, in continuità con lo stile ASAI, mettono al centro la relazione e la sua autenticità. La mancata connessione di Ayoub, o il silenzio di Mary per alcuni giorni, non sono necessariamente da imputare a un insuccesso o ad un segnale di malessere: potrebbe trattarsi proprio delle risorse che autonomamente mettono in campo per difendersi e fare fronte alle difficoltà. Ecco allora che, rispettando il silenzio, acquista valore anche l’invio, su una chat di gruppo, di una foto con i germogli di semi di peperone o la teglia di pasta cucinata per sé e per i fratelli.
 
In una fase di crescita così delicata come è l’adolescenza, a maggior ragione in un periodo così complesso, è fondamentale che ai ragazzi arrivino rimandi positivi di sé, delle capacità messe in atto in questi mesi, delle risorse investite per la propria autotutela. Lavorando in questa direzione, è stato anche possibile far nascere nuove relazioni tra adulti e ragazzi, nelle quali la chiave vincente è stata proprio lo sguardo attento che ha saputo valorizzare i punti di forza dei ragazzi.

Ancora una volta, è la cura della relazione che permette di lenire quelle possibilità di esclusione tipiche delle modalità virtuali: tralasciando la disponibilità di device e connessione che pure ha una rilevanza fondamentale, l’assunzione di responsabilità richiesta nella decisione di non connettersi o nel non rispondere a una videochiamata è decisamente inferiore rispetto alla mancata presenza fisica. Per contrastare una simile dinamica, non vediamo altra strada che la forza di ciò che di interpersonale si è costruito o si sta costruendo e, in questo, la necessità di aiuto nei compiti resta solo uno strumento.
Con le videochiamate è come se bussassimo alle porte di casa dei ragazzi chiedendo loro di poter entrare. Si tratta di un processo inverso rispetto a ciò che avveniva quando il centro aggregativo era aperto, cioé quando erano loro a decidere quando percorrere la strada per arrivare in ASAI e citofonare, mentre noi eravamo pronti ad aspettarli.
 
distanziamento e centro aggregativo

Ci si vede dentro le rispettive mura di casa, in mezzo ai fratellini che ogni tanto sbucano davanti alla telecamera del cellulare o ai genitori che passano per salutare. Negli anni delle medie, visti gli spazi di autonomia che chiedono i ragazzi, è sicuramente più difficile parlare di una comunità educante che riesca a coinvolgere anche i genitori. Nel frattempo, però, in questo particolare momento, la possibilità di una collaborazione nuova tra ASAI e famiglie comincia a intravedersi.

Permettersi reciprocamente di entrare in casa ha sicuramente messo le basi per nuove modalità di condivisione e fiducia: in alcuni casi, è stato possibile far emergere situazioni di vulnerabilità, in altri, si è passati dal demandare gli aspetti scolastici a una vera e propria collaborazione. La mamma di Giorgia chiede aiuto per effettuare la richiesta di device per la scuola. La mamma di tre ragazzi, Suad, prosegue il suo laboratorio di cucito e si propone di creare dei videotutorial. Alcuni genitori chiedono di essere avvicinati a reti di sostegno economico e aiuto nella compilazione di nuove pratiche burocratiche.
 
È qualcosa di nuovo e inedito, ma fa parte del nostro lavoro di operatori, che ci vede, ora come prima, nella veste di facilitatori. Prima il nostro “habitat” era il corridoio del centro aggregativo, rimbalzando da una stanza all’altra, da un diario con compiti incomprensibili a un quaderno da fotocopiare, pronti ad accogliere quello che ciascuno dei ragazzi portava quel giorno con sé. Per non parlare poi dei caffè in cucina tra adulti e delle riflessioni con la tazzina in mano o di fretta su e giù per le scale.
 
In questo periodo, non siamo più gli “educatori del corridoio”. Rimaniamo comunque facilitatori di dinamiche da rendere più fluide, di connessioni da agganciare, di oscillazioni da equilibrare. Nel far ciò a distanza, senza poter contare sulla presenza fisica e sul conforto di uno sguardo, è chiaramente emersa la fatica di doversi confrontare con una relazione meno immediata e con la consapevolezza che le fragilità sono di tutti noi: operatori, volontari, tirocinanti e ragazzi.
 
Come evitare che le dinamiche escludenti, caratteristiche di questo periodo, influiscano sulle relazioni e sulla partecipazione degli adulti del doposcuola?
«Io sono consapevole che non potrò tornare a breve nel centro di via Genè, almeno fino a quando non ci sarà un vaccino o una cura». Lo scrive Giovanni che ha settantacinque anni. Il suo apporto è fondamentale per il doposcuola che è stato il suo appuntamento fisso, due volte a settimana, negli ultimi sei anni.

Giovanni è rappresentativo di un buon numero di adulti del doposcuola medie ASAI di Porta Palazzo. Come permettere a Giovanni e agli altri “diversamente giovani” di continuare a contribuire alla vita associativa? Fino a che punto sarà sostenibile seguire i ragazzi a distanza come stanno facendo adesso?
 
Non dimentichiamoci che, in questo periodo, ognuno di noi si è dovuto misurare con un’incognita, con un vissuto straordinario, nel quale inevitabilmente le relazioni preesistenti hanno dovuto conoscere un riadattamento: il bisogno di cura e reciprocità nei legami non è unidirezionale, cioè non è solo rivolto ai ragazzi, e chiede di essere riconosciuto.
 
L’andamento epocale di questi mesi ci sta mettendo in discussione. Nel corso di questi mesi, di volta in volta, non avremmo saputo che strada intraprendere se non ragionandoci insieme, come gruppo di adulti, cercando di leggere ciò che i ragazzi ci dicono o ci comunicano in altro modo.

A questo punto, ci sembra importante trovare un equilibrio e la giusta prospettiva tra la ricerca degli stessi risultati di prima “nonostante tutto”, una logica quindi necessariamente residuale, e la ricerca delle specificità e opportunità di questo tempo. Proprio per questo abbiamo deciso di aprire un confronto attraverso questo scritto: solo più sguardi insieme che si confrontano, possono garantire un modo comunitario di vivere il cambiamento.

 

Fabrizio Maniscalco, Maria Pambianco e Marta Piolatto, operatori presso la sede ASAI di Porta Palazzo.

20 maggio 2020

 

 

 

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